
Eccoti, ancora lì lieta e gentile,
sugli scalini della biblioteca,
che le mie confidenze accogli;
e ti traspare in volto la lusinga.
Non io, che tu hai già capito e ridi,
compiaciuta. Riscoperto anellino
ai miei occhi giri e mostri, allusivo.
Io capisco, ma ugualmente chiedo:
mi si strinse il cuore e mi si stringe
a ripensarci, a tutto ripensare.
Eccomi ancora lì muto e vile,
che alla notizia cruda non impreca;
e in te, ricorre a quanti piacesti
e a quanti piacevole ti stringesti:
te ne avvedi e il volto rallegri,
perfida incantatrice di beltà,
e morderti il cuore non dimostri.
Non ti importo, e la fine vedo
tra noi due, lì. Nulla più ora trattiene
me morto e te agevole andare.
1 commento:
A volte il punto di vista è tutto... Chissà cos’ha provato lei, la donna di questo splendido scritto... Forse lui si sbaglia, forse ha immaginato al suo dito qualcosa che non c’è, e ha visto la sua bocca emettere parole mai pronunciate...
Ho immaginato di assistere all’incontro, e di sentire lei sussurrare...
Eccoti, ancora lì mesto e avvilito,
sugli scalini della biblioteca,
che il tuo cuore mi apri;
e ti tradisce in volto la tristezza.
Sì tu, che inconscio pur ancora piangi,
umiliato. Svanita la tonda promessa,
ai tuoi occhi le mani nude svelo, sincere.
Tu non capisci, di te fa vece il silenzio:
se il cuore mi si potesse stringere,
saprei d’averlo, che batte ancora.
Eccoti ancora lì, avvilito e sconfitto,
che non sai riconoscere il vero;
e in me, ritorna il caldo sentire di sangue e
di abbracci che m’illusi esser veri:
non lo intuisci, impallidisci in viso,
gentile sicario di timide speranze,
ché la mia disperazione non posso esibirti.
Non mi rimane che uccidere ciò
che resta di noi due, lì. Nulla più ora trattiene
me morta e te inconsapevole assassino.
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