Notte gelida,
i fossi e gli stagni
serri col ghiaccio,
sicchè nulla entra
e nulla esce.
Sopra questa tua morsa
vanno alcuni uccellini notturni
or bezzicar or saltellar
or buffamente scivolar.
O notte,
sei fredda e nera
come non mai.
Così ti inasprisci
per dispetto
d'una merla malandrina,
che ora infreddolita
geme come piccola colomba.
Bianca anch'essa era,
ma ora è nota come nera:
in un camino s'era riparata,
di fuliggine s'è ottenebrata.
Freddissima notte,
ecco la procession della candelora
e dalla morsa del gelo
oramai sen fora.
O notte della merla,
geli ancor una volta l'aria,
che pungente soffia
e tagliente per le fessure entra:
- brrr, che freddo!
che il fuoco non sia spento! -
odi il rincasato contadin.
sabato 28 aprile 2007
lunedì 16 aprile 2007
L'uomo moderno

Dal sacro allontanato
smise di parlare con il silenzioso cielo
e il linguaggio dell’amore
ha così in segreto disimparato.
In poco tempo muto s’è reso
e di umano nulla più sa:
eccolo là a capo chino,
mesto cammina
e melanconico erra,
sotto un cielo resosi indifferente .
Star solo ha imparato
- ne ha tuttavia paura –
e gira dove nessuno va;
nella penombra in cui si riversa
ora falso ride
ora vero piange.
Al vuoto parla,
come se qualcuno lo ascoltasse,
ma in modo strano parla;
poi d’esser udito teme
e torna nel silenzio chiuso.
Molte sere lo scorgi
piano uscire dall’osteria
ubriaco, ed ebbro di dolore
barcollare verso casa che non più ha.
Allora brancola tra lacrime e singhiozzi
agli sguardi ben nascosti,
finché la stanchezza non lo accasa
in un qualsiasi buio di strada.
Nasce così la sera sul cuore di ognuno
Che ne invoca alla tristezza il riposo.
smise di parlare con il silenzioso cielo
e il linguaggio dell’amore
ha così in segreto disimparato.
In poco tempo muto s’è reso
e di umano nulla più sa:
eccolo là a capo chino,
mesto cammina
e melanconico erra,
sotto un cielo resosi indifferente .
Star solo ha imparato
- ne ha tuttavia paura –
e gira dove nessuno va;
nella penombra in cui si riversa
ora falso ride
ora vero piange.
Al vuoto parla,
come se qualcuno lo ascoltasse,
ma in modo strano parla;
poi d’esser udito teme
e torna nel silenzio chiuso.
Molte sere lo scorgi
piano uscire dall’osteria
ubriaco, ed ebbro di dolore
barcollare verso casa che non più ha.
Allora brancola tra lacrime e singhiozzi
agli sguardi ben nascosti,
finché la stanchezza non lo accasa
in un qualsiasi buio di strada.

Nasce così la sera sul cuore di ognuno
Che ne invoca alla tristezza il riposo.
anni dopo...

Eccoti, ancora lì lieta e gentile,
sugli scalini della biblioteca,
che le mie confidenze accogli;
e ti traspare in volto la lusinga.
Non io, che tu hai già capito e ridi,
compiaciuta. Riscoperto anellino
ai miei occhi giri e mostri, allusivo.
Io capisco, ma ugualmente chiedo:
mi si strinse il cuore e mi si stringe
a ripensarci, a tutto ripensare.
Eccomi ancora lì muto e vile,
che alla notizia cruda non impreca;
e in te, ricorre a quanti piacesti
e a quanti piacevole ti stringesti:
te ne avvedi e il volto rallegri,
perfida incantatrice di beltà,
e morderti il cuore non dimostri.
Non ti importo, e la fine vedo
tra noi due, lì. Nulla più ora trattiene
me morto e te agevole andare.
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